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Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, «Costretti a fuggire»

Mons. Ricchiuti: «Siamo tutti fratelli»

Oggi, domenica 27 settembre 2020, la Chiesa celebra la 106^ Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Lo fa per dimostrare la preoccupazione nei confronti di tutte quelle categorie vulnerabili di persone in movimento, per pregare per chi ogni giorno affronta innumerevoli sfide di vita, per aumentare la consapevolezza sulle opportunità offerte dalla migrazione. Riflessione a cura di Michele Laddaga.

"Come Gesù Cristo costretti a fuggire: accogliere, proteggere, programmare, integrare gli sfollati interni", questo il titolo scelto da Papa Francesco per il suo messaggio annuale in occasione della GMMR2020.

Una missiva, quella del Santo Padre, dedicata agli sfollati interni, ad una categoria di persone che, a dispetto del loro numero (si stimano essere oggi circa 50 milioni), sono spesso invisibili. Persone, uomini, «non fenomeni» che pur condividendo con i richiedenti asilo e i rifugiati il dramma di essere stati costretti a fuggire, i pericoli e la precarietà, non godono neanche di uno status giuridico riconosciuto: la loro protezione è affidata a quello stesso Stato di appartenenza che a volte è la causa stessa dei loro mali. E questa invisibilità è resa oggi ancora più grave dalla crisi mondiale causata dalla pandemia COVID-19, che ha finito col far dimenticare tanti altri drammi che pure continuano a consumarsi su questa nostra terra.

«Ancora una volta il Santo Padre – spiega S.E. Mons. Guerino Di Tora, Presidente Commissione Episcopale per le Migrazioni della Cei e Presidente Fondazione Migrantes – porta l'attenzione del mondo intero su coloro che sono costretti a fuggire, seppur all'interno della stessa regione, nazione, o in paesi vicini. Sono le stesse cause: fame, guerra, siccità, ecc. che spingono mamme, papà, bambini e giovani ad abbandonare la propria casa, il loro territorio, sradicarsi dalla loro provenienza, egualmente in pericolo di rifiuto o emarginazione, nella ricerca di una via di sopravvivenza».

Il messaggio di Papa Francesco si apre con l'icona della cristianità: la famiglia di Nazareth che deve fuggire per far scampare dalla morte il bambino Gesù, mettendola in parallelo con le tante mamme in fuga che ogni giorno, con i loro figli tra le braccia, scappano alla ricerca di un futuro migliore. "Nella fuga in Egitto il piccolo Gesù – scrive il pontefice – sperimenta, assieme ai suoi genitori, la tragica condizione di sfollato e profugo «segnata da paura, incertezza, disagi (cfr Mt 2,13-15.19- 23). Purtroppo, ai nostri giorni, milioni di famiglie possono riconoscersi in questa triste realtà. Quasi ogni giorno la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie» (Angelus, 29 dicembre 2013). In ciascuno di loro è presente Gesù, costretto, come ai tempi di Erode, a fuggire per salvarsi".

Parole dense di significato che ci invitano a profonde riflessioni, alle quali fa eco l'appello del nostro Arcivescovo Mons. Ricchiuti: «Domenica 27 settembre pregheremo insieme e invito i fratelli e le sorelle migranti che sono qui in mezzo a noi ad unirsi a questa nostra preghiera e a sapere che noi siamo in preghiera per loro perché Noi siamo tutti fratelli».
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